MANOVRE DI DISARTICOLAZIONE PSICOLOGIA ED ANNIENTAMENTO DELLAREALTÀ, RAPPRESENTAZIONE E VOLIZI....
Psicologia & Giustizia
Anno XXII, n.1
Gennaio-Giugno 2021
MANOVRE DI DISARTICOLAZIONE PSICOLOGIA ED ANNIENTAMENTO DELLA
REALTÀ, RAPPRESENTAZIONE E VOLIZIONE SOGGETTIVA
Chiara Crisci
Molto spesso si sente parlare o, semplicemente notiziare, che è utile se non pratico per
una evoluzione attiva psico-sociale, allenare la mente anche con giochi definiti di
training mentale per essere più predisposti o meglio disposti a ripensare o rivedere il
modo di valutare il mondo e ciò che ci circonda o ci accade, e non rinchiudere il
cervello in atrofismi decisori e di percezione delle cose animate o meno che siano.
“Men sana in corpore sano” come sostenevano i latini, come si evince dalle Satire di
Giovenale, che scardina il concetto di detenere premio di onore per il tramite della
vanità, mentre il vero sapiente, sano nell’anima e di ciò anche nel corpo si rende conto
dei veri bisogni dell’uomo e di ciò che è solo effimero ed anche dannoso. Procediamo
per gradi al fine di “addensare” la concentrazione sul fulcro della sedimentazione
giuridica che definisce il reato di manipolazione emotiva e/o reale.
In un percorso qualificante i termini presi in uso dalla dottrina e dalla giurisprudenza
come motori di interrogativi giudiziari, preme “vocabolizzare” il percorso linguisticonormativo
partendo dal concetto di Suggestione. Come riporta l’illustre enciclopedia
Treccani: “Fenomeno della coscienza per cui un’idea, una convinzione, un desiderio,
un comportamento sono imposti dall’esterno, da altre persone, o anche da fatti e
situazioni valutati non obbiettivamente, e da impressioni e sensazioni soggettive non
vagliate in modo razionale e critico. La forma estrema della s. (suggestione) ipnotica,
nella quale l’ipnotizzatore, suggerendo all’ipnotizzato un certo complesso di
rappresentazioni e di desideri (ipnosi) , lo spinge irresistibilmente ad agire in
conformità di essi (e quando tale azione ha luogo non durante il sonno ipnotico ma
dopo di esso, non rammentando tuttavia il soggetto la s. subita, si parla più
propriamente di s. postipnotica). Ma forme più lievi di s. hanno luogo anche al di fuori
della sfera dell’ipnotismo, in tutti i casi in cui, per azione diretta o indiretta di un’altra
personalità, una certa idea o convincimento o aspirazione determinante un
comportamento si impianta in una coscienza, soverchiando o eliminando, con
maggiore o minore energia ed esclusività, gli opposti motivi critici che altrimenti
tenderebbero a limitarne l’efficacia”. Nell’ambito scientifico della psicologia, vi è un
netto distinguo tra suggestibilità primaria e secondaria.
Secondo l’identificazione che ne da H.J.Eysenck (1947) vi ricorre la prima ipotesi,
quando il soggetto compie ad es., dei movimenti senza averne coscienza e per effetto
della ripetizione monotona di un’istruzione verbale dello sperimentatore o del medico,
quindi clinica; mentre per la seconda ipotesi, la cc. Dd. Suggestibilità secondaria,
allorquando il soggetto compie atti, esprime valutazioni per effetto di influenze
indirette (in progressiva crescita ad esempio stimoli diversi e ad un certo punto della
serie renderli costanti); ed a concludere vi può essere una s. terziaria, difinita da
prestigion, quando l’influenza discende dalla autorità dello sperimentatore o del clinico
o da un gruppo sociale, come può essere una setta, quindi plurisoggettivo,. Per
evidenziare la suggestione, sono state proposte varie teorie in cui la risultanza è stata
che la suggestionabilità, è graduabile in base all’individuo sulla neurofisiologia dello
stesso. Sulla disinibizione di centri cerebrali; dal transfert tra soggetto medico e
paziente e, dalla teoria dei riflessi condizionati (s. verbale, diviene uno stimolo
condizionato che induce nel soggetto una risposta normalmente prodotta da uno
stimolo che è senza condizione, incondizionato; un monosuono o cantilena che
provoca sonnolenza o torpore cerebrale e può ben essere sostituito da una vera
istruzione o ordine verbale corrispondente). Coercire la volontà di un soggetto, è la
più alta forma di violenza psicologica per obbligare anche se del caso in forma di
schiavismo altri, ad agire contro una propria indipendenza volontaristica.
Non è inconsueto, che la vittima di arbitrarie scelte altrui, non riconosca la violenza e
non riesca a distaccarsi o abbandonare il suo referente o meglio padrone mentale: fino
a pochi decenni fa, il silenzio, l’omissione e la connivenza, del soggetto passivo,
venivano fatte risalire a personali caratteristiche dello stesso masochistiche; ad oggi si
predilige la strada di recitare tali “soccombenze” al plagio (dove la vittima apprende di
essere impotente di fronte alla condizione che gli si prospetta).
Plagio. Il Codice penale italiano del 1930, c.d. Rocco, nome del guardasigilli
dell’epoca storica indicata, impegna la locuzione “plagio” in un contesto semantico del
tutto inedito. Seppur mantenuto nella griglia dei delitti contro la libertà individuale, ne
riforma il contenuto rispetto alla tutela penale dello status libertatis prevista dal codice
Zanardelli del 1889. Il corpo normativo nel “realismo” giuridico-culturale che pose
definitivamente la parola fine, a tutte le bizzarrie che il regime consuetudinario
antecedentemente aveva elargito; nei commentari dello stesso codice già si forniscono
confini del volere proprio individuale soggettivo. Si legge infatti:”La libertà dell’uomo
individua non è l’injuriae licentia, ma quell’autonomia riconosciuta e protetta dalla
legge, in virtù della quale l’uomo deve essere rispettato nel libero determinarsi ai vari
atti della vita”.
E si prosegue: “La libertà individuale è la costante facoltà dell’uomo di esercitare le
attività proprie, così fisiche così morali, al servizio dei propri bisogni. Senza questo
sarebbe inutile l’esistenza e la integrità personale, le quali non sono beni in loro stesse
ma in quanto servano di strumento all’esercizio della attività personale”. Un principio
quello dunque della libertà morale, che fa giocoforza su una filiforme ma non per
questo fievole, distinzione tra la concreta attivazione dei differenti momenti che
connotano la libertà individuale ed una attività prodromica, nella quale un soggetto si
determina a porre in essere una certa attività o a tenere una propria peculiare condotta.
In tale prospettiva di ragionamento, la libertà morale rappresenta un prius, una
consequenziale logica antecedente rispetto alla fruizione della libertà personale.
Nell’esaltare poi i diritti dell’individuo pian piano si è remato su di un canale più fluido
ma denso di varie correnti esegetiche. Vediamo già come il codice Rocco si esprime in
merito. Qui addirittura ci si orienta come preparazione giuridica sullo Status servile
dello schiavo dell’antica Roma, significativa è La lex Fabia de plagiariis e le condotte
“dispositive” della persona, ma senza rivisitare i fossili giuridici di era antica, vediamo
nel codice sopra citato che, il plagio è inteso come riduzione di una persona allo stato
di completo assoggettamento ad un’altra persona. La Corte Costituzionale, con
sentenza n. 96 del 1981, ha dichiarato illegittimo ed escluso dall’ordinamento italiano,
l’articolo relativo al plagio, perché di contenuto vago ed indeterminato, e quindi
contrastante con il principio di tassatività delle norme. Nel diritto romano repubblicano
invece, il reato di plagio come natura, quella proprio di sequestro di persona, inteso
come rapimento o riduzione in servitù di una persona, libero o schiavo. Tale reato in
nuce,era punito con pene pecuniarie, e solo in età tardo imperiale, per i casi ritenuti più
gravi, fu prevista la pena di morte. Il testo dell’art. 603 c.p., prima dello scossone
costituzionale prevedeva ciò: “Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in
modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a
quindici anni”. La pronuncia della Corte Costituzionale, si rese necessaria e non
procrastinabile o soggetta a reversibilità, a seguito di due casi giudiziari che hanno
visto invocare l’illegittimità del reato ex art. 603 c.p. rispetto ai valori fondamentali
della solenne carta costituzionale. Il primo avente misura politica, nel 1964, riguardava
l’artista Aldo Braibanti, affiliato al marxismo, il quale fu accusato di aver ridotto in
totale soggezione psicologica due giovani ormai in suo potere per via delle sue idee sia
artistiche che politiche. Il secondo, invece, a carattere prettamente di culto quando
Emilio Grasso, sacerdote del movimento dei Carismatici, fu accusato del plagio di
alcuni minori da parte dei relativi esercenti la potestà genitoriale. Prendendo le mosse
proprio dalla sentenza citata,, si può subito evidenziare che il profilo centrale sul quale
si impunta la legittimità costituzionale è il rapporto tra l’art. 603 c.p., nei confronti
all’art. 25 co. 2 Co., in quanto il primo art., cozzerebbe con il dettato costituzionale
poiché spoglierebbe la norma di tipicità che a braccetto con il principio della riserva
di legge assoluta per quanto concerne la disciplina penale, richiede “una puntuale
relazione di corrispondenza tra fattispecie astratta e fattispecie concreta”.E ancora, la
norma penale oggetto di disamina, lederebbe ancora l’art. 21 Cost., perché “supera la
funzione di tutela dell’integrità psichica della persona di fronte alle aggressioni che si
possono verificare” . Sul piano prettamente giuridico la Corte tutore della Costituzione
, esprime che “sarebbe assurdo ritenere che possano considerarsi determinate in
coerenza al principio della tassatività della legge, norme che, sebbene concettualmente
intelligibili, esprimano situazioni e comportamenti irreali o fantastici e comunque non
avverabili e tanto meno concepire disposizioni legislative che inibiscano o ordinano o
puniscano fatti che per qualunque nozione ed esperienza devono considerarsi
inesistenti o non razionalmente accettabili.. la formulazione di siffatte norme
sovvertirebbe i più ovvii principi che sovraintendono razionalmente ad ogni sistema
legislativo nonché le più elementari nozioni ed insegnamenti intorno alla creazione e
alla formazione delle norme giuridiche”. Dopo tale pronuncia a seguito di vari casi
trattati dalla giurisprudenza, si è dimostrato a tutto campo, che è possibile in maniera
certa e pressochè insindacabile, che la libertà personale o meglio l’identità di un
soggetto.persona, può essere infranta ed umiliata, per mezzo di una condotta che con
dolo viene trascinata sino al punto di determinare un reale e concreto stato di esclusione
dalle situazioni ambientali e sociali, del soggetto passivo (subendi), con impedimento
ad attingere alle fonti opposte o differenti da quelle comandate coattivamente dal
soggetto attivo con pieno disfacimento logorante della capacità di autodeterminazione
personale. V’è da rilevare inoltre, e non del tutto banale che, la presenza di un eventuale
consenso (libero e pieno) prestato dal soggetto “assoggettato”, non costituirebbe causa
esimente poiché si è nel terreno dei beni indisponibili, ed in questo caso il consenso si
rifletterebbe nel coacervo dei vizi che possono deviarlo (violenza, minaccia, inganno,
suggestione o presistente stato di minorazione ed in progredendi altre attività
manipolative che seguiranno…). Non perdendo di vista la distinzione del fatto che, un
conto è parlare di auto isolamento o autodistruzione – abuso alcool e sostanze
stupefacenti o psicotrope- altro, è il prestare piena conformità di intenti a che terzi vi
proceda allo stesso isolamento 2ergastolo mentale”. Il desiderio pungente e
malinconico di avere nel mosaico dei reati una figura criminosa che riprendesse il
concetto di soggiogare un soggetto, nonché il vuoto a perdere nella tutela penale da
ingerenze fraudolente ed infide portò, nell’aprile del 1988 la proposta di un disegno di
legge a firma (Russo, Jervolino-Vassalli) a districare il dubbio giuridico nonché
l’angoscia sociale a riproporre sotto l’appellativo di “Atti lesivi della capacità di
autodeterminazione del minore” la fattispecie di incriminazione di fatti qualificabili
alla stregua del Codice Rocco , “Plagio”. Da ciò, facile seguire un tragitto meno
scosceso che da una origine poliedrica portante ad una etero direzione della volizione
e secondo alcuni pareri, ad uno stato proprio di incapacità autentica di intendere e di
volere trovando sosta nell’oasi condizionante la psicologia di un essere con
deturpamento della personalità, sino all’esilio eremitico dagli altri esseri umani con
unica interlocuzione o rapporto sinallagmatico di intenti col solo dominus mentis.
L’asse di rotazione dunque, è l’interesse da valutare e tutelare soggetto a possibile
violenza e violazione. Il corredo patrimoniale psichico dell’uomo, sia nel suo profilo
“statico” che in quello “dinamico” cioè volto ad “aggiornarsi” nel tempo, oltre a trovare
dimora certa negli artt. 2 e 3 Cost., è presupposto della fruizione di tutti i diritti di
libertà e autodeterminazione e dell’adempimento degli obblighi solidaristici che la
stessa carta costituzionale riconosce ed impone solennemente. Indubbio dunque, che ci
troviamo a fronte, un bene di rilievo costituzionale e non dogma su cui avere delle
aspirazioni; de quo,che rilevanza penale con piena garanzia di tutela ne può
discendere? Da un certo punto di osservazione critica, si potrebbe sollevare la
considerazione che la peculiarità dell’”io” è, inespugnabile, non possibile centro di
offesa, per ciò nessun tipo di azione aggressiva, per quanto premeditata o pungente sia,
potrebbe in alcun modo essere lesa neanche superficialmente, di converso, si può
affermare che la pretesa singolarità dell’essere umano, nella sua misura esistenziale
ovvero morale è simulazione di valore, essendo il soggetto “psichico” la risultante di
una serie quasi algebrica di componenti più o meno condizionati biologici, neurologici,
fattori ereditari o acquisiti extra, fattori culturali, economici, di credo religioso e dei
rapporti interpersonali e collettivi intrattenuti reali o formali. Da ciò è impensabile
tratteggiare o dare una giusta fisiognomica propria come fosse un “genoma”proprio.
Di palmare evidenza appare quindi, anche per il tramite degli spunti e valori
costituzionali previsti, di sostanza fondamentale pretendere un corollario giuridico che
si imponga come guarentigia penale certa la integrità della persona sotto il profilo
psichico inteso in senso ampio per tranciare l’affermarsi di condotte aggressive e
irrimediabili; dove le fattispecie normative attuali sono inidonee e poco applicabili se
non tardive nell’esplicare sana conformazione sociale di adempimento, sforzandoci di
attingere a tutto campo il disvalore del fatto concreto. Necessario dunque plasmare e
fondere le esigenze di tale bene assoluto e irrinunciabile di cui sopra, per pronunciare
e descrivere una fattispecie incriminatrice non soggetta ad interpretazioni varie ed
elastiche o aperte ma che abbia contorni definiti e tassativi. Un novello art. 603 c.p.
sotto un “outfit” camaleontico che porti il giudice a fare l’arbitro di calcio fra rimpalli
giurisprudenziali non porterebbe alcun risultato di tutela effettiva. Nella epigenetica
attuale, di cui il massimo esponente è il dr. B. Lipton, ricorda che:”la nostra mente
controlla la nostra guarigione”, già la epigenetica dunque concettualmente afferma e
mette in guardia sul fatto che, i cambiamenti che possono apportare ai nostri geni grazie
al nostro pensiero, possono essere sia buoni che cattivi ovvero, possiamo farci del bene
o danneggiarci: a seconda di come trattiamo il nostro corpo (fisiologia) fino ad arrivare
al pensiero che produciamo ed ancora: “non ci ferisce ciò che non sappiamo, ma ciò
che pensiamo di sapere e che non è vero” (Dawson Churc). Se la mente porta a
controllare la guarigione in medicina genetica, la mente malleabile porta alla
autodistruzione propria o al disfacimento di un potenziale abile controllo per
danneggiare altri soggetti –persona. Ricordiamo che, sotto pressione di azioni
“adeguate” ci si può far deformare, in tal senso viene usato il termine malleabilità Lo
studio dei processi di manipolazione, suggestione, influenzamento è un tema molto
spinoso su cui la psicologia sociale e la psicologia forense si muovono da decenni ed è
in continuo fermento conoscitivo e produttivo di pareri e conclusioni decisorie. La
comprensione dei fenomeni di manipolazione psicologica, è peculiare in ambito
giudiziario poiché, tra il mosaico delle indagini e varie fasi e percorsi tecnici adottati,
si occupa ltre modo di come le testimonianze giuridiche possano essere influenzate
dalle condizioni psicologiche del testimone, il fenomeno ad es., delle alterate ovvero
false confessioni ne è forse l’esempio più significativo. In uno studio molto
approfondito, in merito delle conseguenze psicologiche subite dalle vittime di
manipolazione emotiva, la dott.ssa Annalisa Barbier,evidenzia sostanzialmente che, la
manipolazione emotiva è una sorta di balletto di coppia, ballato da due persone con
caratteristiche complementari: il “conduttore” di tale danza, il manipolatore, ha
bisogno di mantenere il controllo, la percezione positiva di sé e soprattutto di
mantenere sempre la ragione per uno scopo, mentre la parte “condotta”, vittima di qs
danza estenuante, è caratterizzata da un bisogno fortissimo di fusione ed approvazione,
che la porta a permettere all’”istruttore della danza” di ri-definire la personale idea di
realtà, idealizzando e cercando in maniera crescente e perniciosa il consenso pieno, non
tralasciando il tratto importante, che la comunicazione verbale tra i due soggetti citati,
è sempre ambigua, incoerente, passivo-aggressiva, subdola, con frasi e gesti involontari
con la finzione di sostenersi in una condotta, accentrando esasperatamente l’attenzione
sui problemi personali cercando quasi di circoncidere lo stato d’animo con una sorta di
“ricatto emotivo”.Attraverso le critiche anche se parzialmente vere intese a ferire,
indebolire e ad introrpidire fino all’annientamento il discernimento comune e personale
portano a rafforzare gli intenti criminosi, ed esse si presentano così: 1) offese, insulti
ed esagerazioni;
2) possono essere mosse nel bel mezzo di una lite e discussione; 3) sono usate per
cercare di vincere una discussione; 4) sono provocate dal tentativo di obiezione; 5)
ci si distacca spesso da una “relazione” con la discussione; 6) si sposta l’attenzione
sull’altrui comportamento; 7) vengono mosse quando è arduo rispondere.
Tale procedimento mentale è adottato negli stessi termini “matematici” nelle relazioni
sentimentali o presunte tali. Il meccanismo della manipolazione inizia in maniera
subdola e prende piede nel tempo, con una velocità ed una definitezza che dipendono
direttamente dalla resistenza della “vittima”; indi, possiamo trovarci di fronte a
manipolazioni discrete ed occasionali e/o ab origine sporadiche che, possono rimanere
tali per mesi o anni, oppure evolvere in fenomeni caratterizzati da elementi di violenza
psicologica mista a quella fisica, nel recinto di rapporti duali francamente e di indubbia
fonte patologica. Come “marcatori traccianti” di una soggezione, dominio
manipolativo, si osserva che, il manipolatore originariamente si presenta come una
persona affabile, sensibile, empatica altruista e finanche generosa, propensa al bene;
ciò da modo di entrare nello spazio altrui riservato e repentinamente avuto l’accesso
personale, il cambiamento diviene subitaneo e opposto, egoistico, accentratore, con
elevato spessore egotico e di esclusivo potere. Si sostiene fermamente che ogni forma
di manipolazione psicologica, non sia esclusivamente una procedura di azione diretta
interessante la psiche altrui, ma, un vero processo comunicativo (Zimbardo, 2008).
Secondo quanto affermato a livello teorico-pratico, un bravo comunicatore ossia,
mentore verbale,è colui che riesce a veicolare dei messaggi diretti, semplici, di facile
intesa, anche se con spunti di riflessione profonda e di approdo sorprendente, concreto
e realistico, facendo leva su fattori emozionali, e con un trend narrativo.storico
ripercorribile con sensazioni di persuasione (Robert Cialdini 2009). Per rappresentare
un piccolo breviario di persuasione: 1) Sinallagmaticità o rapporto dinamico di
corrispondenze che poi si dissolve nel precipizio dove domiciliano persone che hanno
trascinato la disponibilità personale, la propensione all’altruismo; può avvenire anche
e qui si vede il concetto sinallagmatico di corrispondere un favore o qualcosa si ritenuto
positivo con dell’altro considerato ad altri a segno sempre agevolativo-propulsivo. 2)
Coerenza, ovverosia coesione o armonia tra il rappresentare e l’agire: la necessità di
manifestarsi coerenti con quanto abbiamo messo in atto, questo porta un cambio volta
mentale che va oltre le pressioni personali e terze nello sforzo di essere coerenti con
l’impegno mentale preso. Una metodologia persuasiva che sfrutta nella pretica le
tecniche minatorie, come ad esempio mettere il “piede nella porta” o staccare la spina
di un telefono per ottenere degli scopi di reazione.3) Biasimo collettivo: nel decidere
cosa rientra nel mosaico del giusto per la propria persona, immessa come un tassello
nella società, si profila irrinunciabile e necessario avere cognizione di cosa gli altri
valutano come giusto e degno di nota. Ad esempio è considerato opportuno quel
comportamento che altri adotterebbero in una tal circostanza. 4) Benevolenza o brio
socializzante: normalmente, l’essere umano tende a prestare consenso alle richieste dei
soggetti che destano piacere, interesse o ritenute simili alla propria costruzione
mentale, o, fascinose come aspiriamo a diventare; esempio calzante è dato dai
compagni nel rapporto personale, rimasti vittime del Tupperware party –sorta di
vintage set per feste od eventi- che apparentemente festoso sollecita altresì li normale
canone di tolleranza o pazienza comune. 5) Autorevolezza come credito di prestigio:
come sensazione provata di deferenza verso colui ritenuto il “capo”, il vertice delle
attese a cui affidiamo la nostra riconoscenza e la ostra fiducia nel seguire ordini a volte
non chiari. 6) Rarità, chi è non attratto da ciò che non solo è sfuggente ma fuori
dall’ordinario? Tattica del sono solo io cos’, non troverai simili gli altri sono contagiati
dal normale. E da qui si possono evincere almeno due delle caratteristiche ufficiali e
non escludibili del manipolatore: il narcisismo ed il machiavellismo in senso
propriamente descrittivo del termine. Da ciò però prendono vita seppur riscontrando
tale problematica effettiva e reale, due orientamenti di pensiero giuridico. Da un lato
c’è chi ritiene che la manipolazione mentale ed emotiva, siano possibili ed
estremamente pericolose tanto da prevederne la fattispecie di reato, perlomeno
auspicandola; al canto altro, vi sono coloro che ritengono non del tutto possibile
documentare né una nuova formula di plagio come altrettanto di manipolazione come
crimine perché, si dilaterebbe talmente tanto il comportamento previsto da
ricomprendere ogni situazione di dipendenza psichica ed emotiva che si svolge in ogni
rapporto della vita quotidiana, basta che sortisca un effetto dirompente. Per tale ragione
tra i primi scontri di pensiero è stato abbozzato il disegno di legge n.569, 2008 arenato
nella Commissione Giustizia del Senato come conclusione univoca e definitiva. Nel
ricercare un punto per evolversi nel concetto di manipolazione, si è partiti dalla
“epistemologia della libertà”. Ricordando che nel primo termine si racchiude
l’indagine critica intorno alla struttura logica e alla metodologia delle scienze. Il
termine, coniato dal filosofo scozzese J.F.Ferrier, designa quella parte della
gnoseologia che studia i fondamenti, la validità ed i limiti della cognizione scientifica
(episteme). La tesi che fa pilastro sul concetto è che, là dove c’è il diritto di libertà,
esiste ugualmente il dovere della verità, dando dignità alla ricerca e al dubbio,quale
stimolo ad una elaborazione. Trovare equilibri tra ciò che comunemente è tollerabile e
libero da ciò che invade la libertà e necessita di principi di diritto solidi e applicabili.
Prima di giungere alla foce del problema concernente la Blue whale vero nocciolo di
un vuoto normativo non sostenibile, volgiamo uno sguardo vigile sul c.d.
PROSPETTICIDIO come caso di lavaggio del cervello. Vivere o relazionarsi con
persone “ispettori”, controllori-manipolatori può essere una esperienza estremamente
sfibrante e patologica. Non si può negare (vedi sette religiose) che questi soggetti
possono divenire autentici specialisti, orditori sofisticati di labirinti mentali. Una tra le
strategie di manipolazione più bieche e “scenografiche” , è quella di cambiare
radicalmente il modo in cui si percepisce la persona medesima. Un fenomeno che la
psicologia dell’Università del Massachusetts, nelle vesti della dott.ssa Lisa Fontes,
appella come”Prospetticidio”, in riferimento ad un avvicendamento di prospettiva così
radicale e profonda che fa perdere la coscienza di ciò che siamo e che conosciamo. Il
termine sopra menzionato, Prospetticidio o angolazione di pensiero deviata, è un
neologismo, non nuovo dal punto di vista della linguistica, in quanto venne usato per
la prima volta in riferimento al lavaggio del cervello a cui venivano sottoposti i
prigionieri di guerra ovvero nell’affermazione della razza ariana di hitleriana memoria.
Il termine in disanima, non è altro che l’unione delle parole perspective (prospettiva) e
pesticide (pesticida). In chiarimento, il prospettici dio implica il dissolvere la personale
prospettiva pensando nientemeno di non avere il diritto di avere idee proprie,
conoscenze e sentimenti. Con uno stillicidio temporale di comandi porta a dimenticare
le opinioni ed obiettivi per fonderli unicamente in quelli della persona dominante –
sradicamento soggettivo- depersonalizzazione pura una sorta di possessione come
vedrebbe la religione. Si deduce la riduzione e la rinuncia a propensioni ed aspirazioni
della vita altre rispetto a quelle proposte, in perdita totale di una identità che dovrebbe
essere affermata e confermata sempre. Con un fattore temporale abbastanza lungo, la
persona dominante stravolge il modo di pensare, osservare, criticare e valutare della
persona sottomessa Ne traccia un mondo apposito non contaminabile da altro neanche
dalle passioni.la tecnica del soggetto dominante si affina sempre più nel tempo,
assottigliando il mondo dell’assoggettato, confinandolo nei giudizi del solo
manipolatore, controllando ossessivamente con maniacale scrupolo, i dettagli della
quotidianità, divenendo un anoressizzante mentale. Ulteriore patibolo, impostare ogni
termine relazionale verso il prossimo. Impone proprie regole e motivi per i quali
relazionarsi a modo contrario ad ogni logica senza via di uscita di sicurezza, pochè si
cambia il concetto di natura della propria persona, la riflessione a specchio, non del
soggetto che guarda nello stesso ma del soggetto che indica come ci si specchia; in
tutto questo gioca un ruolo importante il dominante che ha legami emotivi con il
soggetto passivo. Non a caso lo stesso manipolatore si manifesta come “salvatore” o
“guardiano” della persona “indifesa” che presumibilmente ha bisogno di aiuto
(WordPress- Angolo della Psicologia).E’ un trasformismo creato per non denudare le
insicurezze e le troppe responsabilità. Inoltre, altra tecnica perentoria del manipolatore
consiste nell’utilizzare frasi pilota, con lo scopo che queste diventino fonti di verità. La
Blue Whale Challenge è una discussa pratica che proviene dalla Russia:viene
proposta come una sfida, in cui un così detto “curatore” può manipolare la volontà e
suggestiona i ragazzi sino ad indurli al suicidio, attraverso una serie di cinquanta
azioni pericolose. Ad oggi capita anche che bambini e adolescenti si contagino fra di
loro, spingendosi ad aderire alla sfida su gruppi social dopo aver facilmente
rintracciato in rete la lista delle prove ed essersi accordati sul carattere segreto di
questa adesione. Le prove prevedono un progressivo avvicinamento al suicidio
attraverso pratiche di autolesionismo, comportamenti pericolosi e la visione di film
dell’orrore e altre presunte “prove di coraggio”, che vengono documentate con i
cellulari e condivise in rete sui social (quando il gioco diventa reato in
www.f4crnetwork). Tale “gioco abissale”, si è diffuso patologicamente tra i
giovanissimi per lo più minorenni, ed è stato da qualcuno ricondotto alla fattispecie
criminosa già nota e punita dal diritto penale, concernente l’istigazione o aiuto al
suicidio, in quanto l’art.580 c.p.p, sanziona….”Chiunque determina altri al suicidio o
rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo
l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni
[….] Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque
è priva della capacità d’intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative
all’omicidio”. Su tale questio iuris, è intervenuta debitamente la Corte di Cassazione,
con sentenza del 22 dicembre 2017, n. 57503, che, seppur ha escluso in concreto la
sussistenza del delitto di cui sopra, ha implicitamente affermato la penale rilevanza
della pratica del BWC (da ora in poi acronimo della pratica menzionata). Dopo attente
ed accese discussioni della stessa Corte, sull’adesione o meno all’art. 580 c.p., dove
devono concretizzarsi le parole chiavistello che il suicidio avvenga o, quantomeno che
il soggetto si procuri delle lesioni gravissime, non si evidenzia ancora il fumus del
delitto che per ipotesi analogica potrebbe assomigliare ma che fuori da una forzata
analogia non da corrispondenze nette, per cui si è comunque procurata una
“diminuente” fievole tutela per i minori vittime di intenzioni altrui, una sorta di
istigazione anomala ma con l’effetto morte. E’ di palmare evidenza, che
l’autolesionismo indotto con la coclusione dell’evento sacrificio umano, è reale
conseguenza di sicuro uso improprio degli apparecchi informatici, ma soprattutto di
disagio mentale e sociale di cui i giovani soprattutto colgono il maggior malessere. La
percentuale di suicidi ricondotti alla BWC in Italia è ancora bassa rispetto ad altri paesi
europei, questo non esime il legislatore ad attivarsi per una tutela concreta e piena da
fonti di produzione accertatamente criminali e disumanizzanti a prescindere dal
numero di vittime. Si dovrebbe ripensare ad un tentativo che si spinga al riconoscere il
rafforzamento del proposito di un evento infausto della persona,,,,,,,,, anche perché la
tecnica utlizzata è a morte certa non eventuale come l’essere maldestri ad una richiesta
di impiccagione. La psicologia ufficiale, esaminando non curve di statistica ma il
fenomeno in se, concordano nell’affermare che i cc.dd. “curatori” operino sulle vittime
una destrutturazione mentale con associata manipolazione a controreazione della
demolizione, tale da scaturire l’impossibilità di avere il controllo delle proprie azioni,
eseguendo semplicemente le direttive impartite, without restraint- senza freni inibitori.
In Francja, Spagna, Belgio, tutte le pressioni volte ad alterare la capacità di giudizio
costituiscono fattispecie criminale propria. In Germania è punibile chi uccide su
richiesta esplicita non toccando il tema esasperato dell’eutanasia che è problematica a
se.. Il problema è sociologico.criminale;, basta leggere il punto di vista di Durkheim
“il suicidio come fenomeno sociale”.. Già l’agevolazione materiale ossia la
collaborazione guidata di una volontà “mortifera” è ritenuta giustamente concorso
morale nella forma del rafforzamento del proposito suicidario, altrettanto con
fattispecie indipendente e rigida dovrebbe trovare ingresso al grande mosaico penale,
la tossicodipendenza mentale che impone l’olocausto umano per il tramite di una
attività ritenuta di gioco. La morte in questi casi è provocata da un intervento
determinante influente sulla volontà personale, una influenza estranea che si inserisce
come fattore nuovo in un processo causale propriamente psicologico,,,,,,,,,, un
sequestro dell’autonomia individuale che vede come via di fuga la sola morte..
Ripensare all’abuso emotivo assimilandolo per alcuni coridoi mentali allo Stalking è
procedura auspicabile e seria al fine di rinuncia all’horror vacui legislativo su una
evidenza criminale seria e dagli eventi collettivi incontrollabili. Altra vexata questio,
se ipoteticamente si incorre nell’abuso di credulità popolare ex art. 661 c.p.? O ancora
nel “turbamento dell’ordine pubblico” visto il condizionamento collettivo che ne
consegue, senza cadere nella scultura semplicistica del manipolato che è vittima pochè
gia in nuce portatore di un disturbo dissociativo atipico. In definitiva, tutto ciò che
tende a mortificare la personali individualità e potenzialità psichica e di discernimento
rientra già sic et simpliciter in un maltrattamento della persona ergo violenza privata
nell’autodeterminazione a prescindere dagli aspetti antropologici.
Si discute e si apprende spesso al mondo animale per descrivere tipologie caratteriali
attribuibili agli esseri umani: prassi dire che una persona è coraggiosa come un
leone, paurosa come un coniglio, codarda come uno struzzo e maldestra come un
elefante in un negozio di cristalli ma cosa vuol significare essere paragonati ad
un luccio? Studi psicologici accreditati, hanno visto in codesto pesce inconsapevole
protagonista di un esperimento per fini clinici e reattivi; che ha permesso poi di
riconoscere un particolare tipo di reazione comportamentale nell’uomo, la
medesima: la rassegnazione a seguito di un condizionamento mentale
esterno, riassumibile nella neonata e coniata “sindrome del luccio”. Codesta reazione
è rapportabile ha chi è vittima di plagio, proprio per la perdita di determinismo
soggettivo, volontario, personale e diretto ad uno scopo proprio.Il luccio dimostra: la
fuga strategica dalle sconfitte e la permeabilità delle situazioni vantaggiose poste
dall’esterno.
La “cavia”, ossia il luccio, è stata posto in un acquario condiviso con delle carpe
(alimento in modo consono con gli alimenti del luccio). Il predatore acquatico, dopo
avere tentato ripetutamente e senza esito di raggiungere il lauto pasto (protetto dietro
una barriera di vetro), alla fine ha mollato l’idea. L’indifferenza verso le piccole prede
non è venuta meno neppure quando i ricercatori hanno eliminato la barriera di difesa.
L’animale, infatti, condizionato dai precedenti fallimenti non ha più attaccato. Questo
ha portato alla condizione che rendere schiavo un portatore di interessi porta ad una
condizione di svilimento e delle reazioni inconsuete una sorta di effetti “pilota” delle
azioni altrui. Una barriera prima fisica poi mentale.
Quando si profila una situazione simile a quella che ci ha visti sconfitti e più in
generale di conseguire obiettivi propri, come il luccio fuggiamo dall’altra parte
dell’acquario, divenendo non più predatori di un particolarismo proprio ma prede di
chi vanta un obbiettivo già raggiunto; allegazione a chi è riuscito ad uscire dalla vasca
della prassi . Accettiamo tacitamente la nostra incapacità e non tentiamo neppure di
riscattarci ma ci abbandoniamo a noi stessi. Questo atteggiamento statico e
rigido non si adatta per nulla ad una realtà che, invece, è dinamica ed in continua
evoluzione: ecco perché, anche quando abbiamo l’impressione di rivivere una sorta di
dejavu, dovremmo ricordare che le condizioni sono mutate, la situazione si è evoluta,
noi stessi non siamo più gli stessi”, spiega la dottoressa Paola Parisi, psicologa e
psicoterapeuta di Humanitas Medical Care e Humanitas Mater Domini. Questa è
un’ottima ragione per ritentare e riprovare con quel bagaglio di esperienza che ci
aiuterà a raggiungere il nostro obiettivo e conseguire la meta prefissata. Ogni volta
può essere quella buona se si guarda al futuro e si è disposto a modificare le strategie
messe in atto fino a quel momento. Ma se si è vittime di un abuso cinico delle proprie
facoltà o pensieri?
Tale condizione limitante dove entrano solo pensieri distruttivi e convinzioni negative
su quanto ci propina la vita, determinano veri condizionamenti mentali, la dott.ssa di
cui supra, prende le mosse per dire anche che in questi casi anche il cuore più forte si
stanca e proiettando ciò su studi prettamente relazionali di coppia si rileva che, i
soggetti crudeli, rappresentando degli atti o comportamenti onesti “lupi travestiti da
agnelli” riescono a soddisfare la propria famelicità attraverso le “gesta” altrui. In questo
quadro degradante della mente, come non ricordare la Persuasione e la Rettorica dei
grandi filosofi quali Shopenhauer, Nietzsche o Wittgenstein dove affermano che
l’esasperato e dispersivo intrattenimento del proprio io, funge da specchio che
ricompone a suo arbitrio la nostra immagine rendendola ogni volta inconsistente ed
estranea, non entrando nel fulcro delle opere filosofiche che si inentrano sulle
costruzioni poetiche si sottolinea comunque che la consunzione esacerbata delle
proprie ragioni di vita rendono il nutrimento persuasivo assoggettato e cristallizzato a
ciò che anche sporadicamente sembra essere vivo (in: La Persuasione e la Rettorica di
Carlo Michelstadter, Adelphi Ed. filosofia del Novecento).
Il dott. Domenico Bumbara, psicologo in Roma, nel suo elaborato sulla manipolazione
psicologica, come poi sostenuto da altri colleghi in merito si sofferma a rendere noto il
campo della destabilizzazione psicologia nei vari ambiti sociali ed individuali in cui si
svolge la vita e gli interessi umani.
Il manipolatore sa fare leva sui principi morali degli altri per raggiungere i propri scopi,
è geloso, ipercritico, svaluta il lavoro e il carattere degli altri sempre e comunque, abile
adulatore se utile ai propri scopi, è sempre super indaffarato e quindi sempre
stanchissimo, scarica sugli altri le proprie responsabiltà, i suoi bisogni, le sue opinioni;
i suoi sentimenti sono sempre ammantati di ambiguità, ovviamente non sopporta le
critiche e … e così via.
Chi opera in tal modo, attua una sorta di plagio, genera danni che hanno riflessi sia a
livello psichico che fisico, danni che possono essere anche molto gravi, a volte, molto
più gravi della violenza fisica.
Queste sono cose che accadono continuamente ma che vengono alla luce solo quando
uno dei due pone termine a questa storia evidentemente malata, e la violenza
psicologica si trasforma in un vero e proprio stalking.
Non è facile individuare un manipolatore perché sanno insinuarsi molto bene e riescono
a tormentare il prossimo senza scrupoli o vergogna.
Ciò che li muove è solo legato ad incensare il proprio narcisismo perverso e di questo
sono indubbiamente abili promotori: tutte le loro azioni mirano al raggiungimento dei
propri obiettivi, spesso di natura esclusivamente nevrotici e che si basano quasi sempre
sulla distorsione della realtà.
Tutto ciò che fanno, non è MAI, nel tuo interesse. Continuando nella illustre
spiegazione tecnico clinica: Come funziona la manipolazione psicologica – chi è il
manipolatore – come fa?
Spesso agli occhi degli altri è una persona dall’aspetto rispettabile, premuroso e preciso
sul lavoro. Una di quelle persone che ti lasciano dire: ‘ma la fregatura dov’è?”
E’, esteriormente e di primo acchito, una persona cosiddetta ‘normale’ in ogni ambito,
in particolare sul piano sentimentale; insomma sembra la persona dei tuoi sogni.
Il personaggio-agente s’insinua tra le pieghe delle fragilità di colui/colei che presto
diventerà una vittima mostrandosi presente costantemente e pieno di Come funziona la
manipolazione psicologica – Destabilizzare e denigrare.
Quante volte delle parole apparentemente soft, poi alla fin fine risultano
essere dissacranti, denigratorie, di assoluta disapprovazione.
Cose che li per li non ci si fa caso ma che goccia dopo goccia fa crescere il malessere
e incrina la nostra autostima. Il manipolatore ha cambiato tattica. Prima ci seduce, ora
ci demolisce, lentamente. Con questo stillicidio di considerazioni negative o battute
apparentemente innocenti si istaura un dubbio sulla consistenza umana-relazionale.
Si corre lentamente verso la distruzione dei nostri punti fermi e della nostra autostima,
insomma cominciamo a dubitare di noi stessi e ci rendiamo deboli ogni giorno di più.
Ciò non bastasse, un altro meccanismo che spesso mette in moto, appartiene alla
categoria del fare richieste contraddittorie. Cioè chiedere oppure ordinare una cosa e
poi il suo contrario fino a chiedere cose malvage o soppressive dell’essere umano.
Trattasi di una completa spersonalizzazione, ovviamente nelle forme più estreme.
Come funziona la manipolazione psicologica – Isolamento
In sua presenza, o meglio con la sua presenza, risulta quasi inevitabile che i rapporti
con il nostro entourage (casa, lavoro, amici) salti completamente o quasi. Se è naturale
respirare, per il manipolatore, con la stessa semplicità e naturalezza, riesce a creare
tutte le distorsioni utili alla destabilizzazione di ciò che prima era consolidato. Per fare
ciò ad esempio, sono molto abili a creare diffidenze tra i vari soggetti del gruppo, il
tutto allo scopo di poter essere padroni di avere tutto sotto il proprio controllo.
Quando improvvisamente (cioè da quando il manipolatore entra in gioco) emergono
conflitti o rancori segreti, occorre fare molta attenzione e individuare il ‘vero’ nemico.
Se tutto ciò è servito a conglobare reati di matrice penale autonoma come ad es. i
maltrattamenti famigliari, induzione al matrimonio e lo sfregio ergo lesione personale,
lo stesso stalking nel mosaico probatorio del “codice rosso” introdotto e disciplinato
con la legge 9 Agosto 2019 nel codice penale odierno, ammettendo in concreto un
ritorno all’ex reato di riduzione in schiavitù “modernizzato” negli interessi storici ed
eventi sociali e socializzanti, non è dato comprendere perché il reato di plagio sia stato
lapidato anche solo come reato di pericolo di smembramento della capacità di intendere
e di volere. Già nel 1973 erano stati evidenziati dei coni d’ombra nell’escludere tale
fattispecie criminosa. In illo tempore,e con spiccata lungimiranza: il Prof. Avv. G.
Gulotta, cattedratico di diritto penale: ( avvocato, psicologo, ... Borsa di studio di
ricerca e perfezionamento presso la Seconda Cattedra di Diritto
Penale dell'Università degli Studi di Milano, Dal 2009 Docente a contratto di
Psicologia Giuridica presso l'Università di Torino). mostrava chiaramente e
didatticamente le perplessità e futuri problemi -ad oggi concreti- nel “dis-plagiare” un
reato di seria determinazione sul piano dell’elemento soggettivo del reato e lasciare su
una onda anomala azioni complesse e forme di dolo latenti che rischiavano l’impunità
ad libitum. In proposito ampiamente si consiglia: Vedi in:Tigor: rivista di scienze della
comunicazione - A.IV (2012) n.1 (gennaio-giugno) issn 2035-584x 101; Viene
esaminato il dibattito sul plagio, in relazione ai culti distruttivi o abusanti, a partire
dalla sentenza di incostituzionalità emessa nel 1981. Tale dichiarazione ha aperto un
dibattito fra coloro che, da un lato, auspicano una sua reintroduzione, temendo
possano evidenziarsi pericolose lacune nella tutela penale della personalità morale; e
coloro che, dall’altro, condividono l’abrogazione del delitto di plagio, poiché esso
comporterebbe la criminalizzazione non solo di manipolazioni destrutturanti, ma
anche di condizionamenti leciti e di naturali rapporti di influenza. Il dibattito sul plagio
Il dibattito sul plagio in relazione ai culti abusanti: evoluzione e problematiche.
La “compressione” dell’integrità psichica esiste dunque, e diventa una vera e propria
incapacità di intendere e di volere potrebbe creare una inutile confusione con la
fattispecie prevista dall’art. 613 c.p., riguardante lo stato di incapacità procurata
mediante suggestione ( nella stessa riv.: Beatrice Ugolini dottoranda di ricerca in
Teorie del diritto e della politica, Università degli Studi di Macerata).
Non v’è mutazione nell’immutabile…
Il 4 Marzo 2004 fa la Commissione Giustizia del Senato ha approvato un Disegno di
Legge che introduce nel Codice Penale il reato di Manipolazione Mentale. Ecco il
testo: Ddl 1777- Disposizioni concernenti il reato di manipolazione mentale.
Articolo 1
1. Dopo l’articolo 613 del codice penale è inserito il seguente:
"Art. 613-bis - (Manipolazione mentale). –. Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque mediante tecniche di condizionamento della personalità o di
suggestione praticate con mezzi materiali o psicologici, pone taluno in uno stato di
soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di
autodeterminazione è punito con la reclusione da due a sei anni.
Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività
finalizzate a creare o sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi
partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di
cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà."
Da qui nasce anche una seria ipotesi degna di attenzione: la nuova tecnica di istigazione
al suicidio assistito, dove certamente ancora non si hanno tratti “notori” di dottrina
ovvero studio clinico probanti di tale condotta sul piano clinico e giuridico ma
sicuramente qualora vi si riconosca una base riscontrabile si possa arrivare ad affermare
un nuovo reato criminale generato dal plagio. Ovverosia:Adolescenti depressi che
ingaggiano una lotta contro il tempo: 50 giorni e 50 prove prima di morire. Questo
è Blue Whale, o almeno quello che si crede di sapere sul fenomeno esistente,
raccontato, documentato ma privo di accertamenti tecnici
Dopo i primi suicidi in Russia, i media inglesi hanno raccontato la storia del gioco
estremo che sarebbe all'origine di oltre 130 suicidi.Ma la verità è che sul fenomeno si
hanno poche certezze, tranne una: il web è il posto peggiore per un ragazzo che vuole
uccidersi. Cos'è il Blue Whale?
Il Blue Whale è un fenomeno sociale nato in Russia e diffusosi sui social. Ci sono una
serie di prove estreme da superare. Tra queste c'è l'automutilazione o la deprivazione
del sonno. Secondo alcuni questo "gioco" avrebbe spinto diversi giovani al suicidio,
ma su questo punto non esistono prove dirette che colleghino i decessi, avvenuti
soprattutto in Russia, al Blue Whale.
Diversi media internazionali hanno provato a ricostruire il fenomeno, incontrando
diverse difficoltà nell'accertare le origini o il "paziente zero" che ha scelto di giocare
al Blue Whale per morire. Tutte le ricostruzioni danno come luogo di nascita del
gioco il social network russo VKontakte (VK). L'episodio che ha scatenato il tam tam
sul Blue Whale è stato il suicidio di Rina Palenkova, una 16enne russa che prima di
morire aveva caricato delle foto e dei video sulla piattaforma per documentare il suo
suicidio, avvenuto nel 2015. Il fenomeno raccontato da Rina si identificava con la sigla
"f57". In questo gruppo di VK venivano postati contenuti e testimonianze di utenti con
pensieri suicidi. Ma non era l'unico ritrovo per adolescenti depressi. Tra questi, c'era
anche il Blue Whale.
Assodato dunque che esiste una forma di coartata sottoposizione a schiavitù mentale e
soggezione psicologica come si può retrocedere nella struttura dei reati criminali attuali
e concreti, invisibili ad un legislatore ghiro nell’inquadramento sostanziale.
Si consumano a volte espressioni verbali, azioni, comportamenti, atteggiamenti,
gesti che svaniscono alla portata della legge, e rimangono fuori dalla portata
punitiva, ma che a contraris possono risultare oggettivamente ed in maniera
decisiva lesivi per una persona.
Questa tipologia di violenza, definita psicologica (definizione nebulosa, effimera e
per ora scarsamente codificata), riguarderebbe diverse situazioni fattuali, tanto
di tipo carenziale, quanto di tipo attivamente lesivo con un danno constatabile
nella materialità, che colpiscono il benessere emotivo e psicologico del soggettovittima.
La provocazione stillicizzante, l’offesa perniciosa, la disistima, la
derisione, la denigrazione, la svalutazione, la coercizione, il ricatto, il silenzio, la
privazione della libertà, la menzogna e il tradimento della fiducia,
l’emarginazione, il ribrezzo sono solo alcune forme in cui si manifesta la violenza
psicologica.
Per disquisire sull’ abuso psicologico è necessario che una o più di queste sfere
dimensionali siano sufficientemente pervasive, da poter essere considerate
caratteristiche delle interazioni e da far sorgere serie ed allarmanti
preoccupazioni in merito al funzionamento e alle condizioni emotive della vittima
e le conseguenze che ne derivano: i reati satelliti che portano all’evento lesivo.
L’aspetto che distingue tale violenza da altre che per altro verso potrebbero essere
definite violenze ma meno particolareggiate, è rappresentato da un atteggiamento
violentemente intrusivo, invedente, “assorbente la persona” da parte
dell’aggressore nei confronti dell’aggredito, che può essere un partner debole o
un soggetto avente un rapporto interpersonale di altra natura, dove comunque
esista una soggezione accertabile.
Prendiamo come esempio di ragionamento tale asserzione fornita dal supremo
Consesso di legittimità. La Sesta Sessione Penale della Corte di Cassazione
(3750/99) ha sostenuto che l’uomo che rende la vita impossibile alla ex moglie,
sottoponendola ad ogni tipo di molestie e vessazioni, è punibile con il carcere,
perché viene meno ai doveri di rispetto reciproco ai quali è tenuto anche se
separato, a nulla rilevando il fatto che sia cessata la convivenza. Con questa
affermazione ha respinto il ricorso di un signore separato che aveva tormentato
la ex moglie con ogni tipo di molestia (foratura di gomme dei pneumatici, minacce)
e per questo era stato condannato dalla Corte di Appello di Venezia per il reato
di maltrattamenti in famiglia. Secondo la Suprema Corte, infatti, è vero che i
singoli comportamenti tenuti dall’uomo costituivano di per sé reato (minacce,
ingiurie, danneggiamento, etc.), ma quando la sottoposizione dei familiari,
“ancorché conviventi”, ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi
intollerabili sofferenze presentino “il connotato dell’abitualità”, tutti i singoli
episodi costituiscono espressione di un “programma criminoso” unitario, e quindi
configurano il più grave reato previsto dall’art. 572 del codice penale.
Quindi vessazioni, minacce, ingiurie, danneggiamenti, ecc. continuativi
all’interno di una relazione, qualunque essa sia sono segnali di abuso psicologico.
Una delle molteplici forme più invasive ed oggi avvertita come trasgressione
nell’abuso psicologico è il controllo mentale o persuasione distruttiva, che il
carnefice mette in atto nei confronti della vittima designata. La persuasione, o
controllo mentale rappresenta lo sforzo di condurre una persona verso una
direzione voluta, con mezzi diversi dalla forza (nel caso della violenza psicologica
nel mondo del lavoro, il carnefice desidera portare al licenziamento la vittima;
nell’ambito domestico o relazionale, l’obiettivo è di annientare psicologicamente
il più debole, in ambito relazionale-sessuale per mezzo delle droghe per stupro).
La persuasione distruttiva viene preparata secondo un programma preciso ed
occulto, mediante il controllo strategico-prefigurato dei bisogni dell’altro.
Un ambito in cui si sviluppa ampiamente tale forma di relazione pervasiva, ma in
modo molto più subdolo, è quello di appartenenza ad un gruppo ad ideologia
radicale o settaria o semplicemente realtà sociali di aggregazione (siti social).
In questa realtà già riconosciuta anche dal punto di vista clinico, non esiste
ancora il reato di “aggressione alla liberta di autodeterminazione propria”
psichica e non è più previsto quello di plagio, caduto nell’inconsistenza dottrinale
di confronti metagiuridici. Da qui voragini di assenza di tutele certe e
assorbimenti forzati sotto altre fattispecie di reato che non colpiscono l’evidente
fatto. La vittima reprime la volontà di denunciare tali comportamenti tossici
proprio per non incorrere in Horror vacui giudiziari. La WHO (2002) definisce
la violenza come: l’utilizzo intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato
o reale, contro se stessi, un’altra persona, o contro un gruppo o una comunità, che
determini o abbia un elevato grado di probabilità di determinare lesioni, morte,
danno psicologico, cattivo sviluppo o privazione (WHO, 2002, pg. 21). Questa
definizione si basa sulla dimensione dell’intenzionalità: infatti, non sono compresi
incidenti non intenzionali, come la maggior parte ad esempio delle ustioni o lesioni
dovute alla circolazione stradale. Con il termine “potere”, vengono inglobate nella
definizione anche gli atti caratterizzati da comportamenti come le minacce e
l’intimidazione, l’incuria o gli atti di omissione e tutti i tipi di abuso fisico, sessuale
e psicologico, così come il suicidio e gli altri atti di abuso verso se stessi.
Considerando importanti conseguenze come il danno psicologico, la privazione e
il cattivo sviluppo, viene superata la convinzione comune e limitata secondo cui la
violenza provochi necessariamente una lesione o la morte, e si passa ad una
definizione che considera le conseguenze degli atti di violenza su individui,
famiglie, comunità e sistemi sanitari in tutto il mondo. Si possono distinguere i
vari tipi di violenza sia in base alle caratteristiche di chi commette l’atto, sia in
base alla natura degli atti di violenza stessi. Se intendiamo qualsiasi forma di
abuso della condizione psicologica non v’è dubbio che il reato penale esiste e può
essere considerato reato satellite di tutta una serie di reati discendenti a cascata
che per collegamento all’interesse del plagiante comportino lesione o allo stesso
plagiato ovvero a persone a lui soggette o con cui intrattengono relazioni umane.
Il plagio dunque, corrisponde ad un trapianto di persona operato senza
autorizzazione e finalizzato ai danni della persona e quanto essa possiede come
patrimonio culturale e personale.
Chiara Crisci
Bibliografia
1) Cialdini R., (2009). “Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di si”.
Firenze, Giunti.
2) Kassin S.M. (2012) “Why confessions trump innocence” American Psychologist, vol. 67 (6).
3) Milgram, S. (1974) “Obbedienza all’autorità” Einaudi, 2003.
4) Simon, George K. (1996) “In sheep’s Clothing: Understandin and Dealing with Manipulative
People.
5) Antonio Torre, “I lividi invisibili della violenza Psicologica…” Diritto e Processo, 2020.
6) Catalfamo Caterina, “Blue Whale Challenge” , febbraio 2018 in diritto.it
7) Corte di Cassazione sez. V penale-sentenza n.57503 del 22/12/2017.
8) Giovanni Flora, ordinario di Diritto Penale, presso l’Università di Ferrara nel 2007, “Il plagio
tra realtà e negazione” in dottrina e Giurisprudenza 2007.
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