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Ascolto del minorenni procedimento civile: un caso esemplificativo

Palma Monterosso

Fabiola Caraffi


Quando si parla di ascolto del minore in merito alle decisioni che lo riguardano, l'ordinamento internazionale fa riferimento all’ art. 12 della Convenzione ONU di New York sui diritti del fanciullo del 1989. Tale Convenzione si è limitata a riconoscere il diritto del minore a manifestare la sua opinione, ma solo con la successiva Convenzione di Strasburgo, del 1996, si è sottolineato come l’obiettivo degli Stati membri sia quello di promuovere il suo coinvolgimento concreto anche nei procedimenti giudiziari che lo riguardano.

In Italia la volontà di adeguarsi ai valori ed ai principi espressi nella Convenzione ONU si esprime con la riforma introdotta dalla L. n. 219 del 10.12.2012. In particolare, mentre precedentemente in sede di giudizio di separazione e divorzio l’audizione dei figli era consentita al giudice solo qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, con il presente Decreto Legge il diritto all’ascolto del minore è stato introdotto nel Codice Civile con l’art. 315-bis c.c., terzo comma, che riporta: il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, ed anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Tuttavia, la scelta effettiva di introdurre nella dinamica processuale il minore, così da lasciargli esprimere la sua opinione, è lasciata alla valutazione del giudicante.

Oggi la Corte Suprema di Cassazione, con l’Ordinanza n. 6503/2023, afferma che “in tema di affidamento dei figli minori, l'ascolto del minore infradodicenne capace di discernimento costituisce adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, finalizzato a raccogliere le sue opinioni ed a valutare i suoi bisogni, dovendosi ritenere del tutto irrilevante che il minore sia stato sentito in altri precedenti procedimenti pur riguardanti l’affidamento”. Già la Riforma Cartabia aveva disposto l’ascolto obbligatorio del minore infradodicenne nei procedimenti di carattere civile, da parte del giudice relatore, che non può delegare il compito ad altri soggetti, neanche ai giudici onorari.

Questa affermazione della Corte pone il focus su un aspetto cruciale che è emerso durante un caso di separazione che abbiamo avuto l’opportunità di seguire come tirocinanti, nel quale la CTU non ha tenuto conto della volontà del minore rispetto alla calendarizzazione degli incontri con il padre, decisione che avrebbe rischiato di ostacolare, invece che promuovere, un riavvicinamento con la figura genitoriale.


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