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Alzheimer e criminologia preventiva

Alessandra D’Ercole


La demenza, nelle varie forme diagnosticabili e tempistiche di decadimento cognitivo, è una patologia sempre più diffusa, anche in età presenile, colpisce le famiglie creando sofferenza, disagi e conflitti, coinvolge gli addetti al settore, gli operatori giuridici e le istituzioni.

La cronaca italiana ed estera rappresenta frequenti casi di maltrattamenti ai danni di soggetti con gravi disabilità, nei comuni ambiti di vita sociale, in contesti familiari e in luoghi di degenza.

La specificità dei quadri psicopatologici individuali, dei contesti, delle situazioni e delle normative di riferimento rende difficile delineare una panoramica unitaria o apportare soluzioni migliorative nel breve periodo.

Tuttavia si ritiene che la criminologia non possa ignorare tale ambito affinché sia garantita dignità e tutela alla persona in una fase di vita in cui è totalmente fragile e soggetta ad altri, che siano familiari o caregiver formali.

In caso di disturbi mentali dovuti a cause organiche/neurologiche, degenerative o croniche, in mancanza di elementi di attendibilità estrinseca, può essere rilevante non escludere a priori la credibilità del soggetto che riferisca di subire condotte illecite. Quando un soggetto, per l’età avanzata e/o severa disabilità non è in grado di chiedere aiuto, diventa essenziale riconoscere quali strumenti, competenze, prassi e indicatori ambientali possono essere messi in connessione per determinare trasparenza ed eliminare il rischio di incuria, maltrattamenti e abusi.

L’intervento vuole segnalare l’importanza per la criminologia di attenzionare questo spazio di studio, prevenzione e intervento.



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