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Sentenza n. 1619/2022, Suprema Corte di Cassazione, Sezione Penale

Nella sentenza sono racchiusi i principi generali che regolano i procedimenti in cui il minore è vittima e/o testimone, partendo dall’assunto che “l’attendibilità delle persone offese nei reati sessuali deve essere valutata in senso globale, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo (Sez. 3, n. 21640 dell’8/6/2010, P., Rv. 247644); in particolare, la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell’attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni (Sez. 3, n. 29612 del 05/05/2010, R., Rv. 247740)”.

La Suprema Corte ribadiva altresì che la valutazione delle dichiarazioni del minore deve tenere necessariamente conto dell’incidenza di plurime audizioni della persona offesa, al fine di poter verificare la possibile usura della fonte dichiarativa.

Con riferimento alle indicazioni contenute nella Carta di Noto, la Suprema Corte afferma che “si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni e la protezione psicologica del minore; pur non dettando regole di valutazione cogenti, rappresentano un importante strumento di verifica dei dati probatori acquisiti a processo, ma la loro inosservanza non determina nullità né inutilizzabilità della prova (Sez. 3, n. 15737 del 15/11/2018, dep. 2019, L., Rv., 275863)”. Inoltre, prosegue indicando la necessità che, dopo aver accertato la capacità del minore di comprendere e riferire i fatti, “la sua deposizione deve essere inquadrata in un più ampio contesto sociale, familiare e ambientale, al fine di escludere l’intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità (Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, dep. 2013, V., Rv. 254741)”. Compito, quindi, dei giudici di merito è quello di “stabilire se il racconto dei fatti, quale emerge dalle dichiarazioni de relato rese dai genitori o da chi abbia ricevuto il primo disvelamento dell’abuso sessuale, corrisponde a quanto il minore ha realmente vissuto, unitamente all’eventuale conferma del racconto stesso in sede di incidente probatorio, tenuto conto degli elementi scaturenti dalle perizie psicologiche effettuate”.

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