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La vittimizzazione secondaria: il potere delle parole nelle sentenze.

Marianna Del Ponte


La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, firmata ad Istanbul l’11 maggio 2011, stabilisce all’art. 18 che gli Stati firmatari si impegnano ad "evitare la vittimizzazione secondaria", che consiste nel far rivivere le condizioni di sofferenza cui è stata sottoposta la vittima di un reato, ed è spesso riconducibile alle procedure delle istituzioni susseguenti ad una denuncia, o comunque all'apertura di un procedimento giurisdizionale.

La Corte Europea dei diritti dell’Uomo, nel suo lavoro esegetico di applicazione delle norme della Convenzione, ha evidenziato come il nostro Paese sia gravemente influenzato da stereotipi di genere nelle decisioni giudiziarie. A giudizio della Corte l’utilizzo di stereotipi sessisti nelle sentenze, mediante l’uso di commenti colpevoli, moralizzanti e giudicanti espone le donne a vittimizzazione secondaria e ingenera in loro diffidenza verso la giustizia. Recentemente il GREVIO, nel suo Rapporto sull’Italia, si è espresso sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia sottolineando la presenza di stereotipi persistenti nelle decisioni dei Tribunali in casi di violenza. Ne sono un esempio le recenti decisioni della Corte EDU J.L. c. Italia e D.M.N. c. Italia del 2021, nelle quali il nostro Paese è stato condannato per violazione dell’art. 8 della Convenzione EDU in materia di diritto al rispetto della vita privata e dell’integrità personale. Nei Tribunali civili, specie nei procedimenti di affidamento dei minori in contesti di violenza domestica, i giudici, i servizi sociali, i consulenti e coloro che devono procedere ad effettuare le indagini sulla genitorialità, frequentemente si orientano sulla base di false credenze, come quella del necessario rispetto del principio della bigenitorialità, considerando la situazione di violenza domestica frutto un mera conflittualità di coppia, o ritenendo le madri alienanti.

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