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La legge organica della Giustizia riparativa nella Riforma Cartabia

Francesca Di Muzio


Riparare i delitti nell’ottica del paradigma riparativo della giustizia costituisce oggi una vera e propria rivoluzione copernicana per i penalisti. L’ottica di rispondere ai bisogni delle vittime di reato e al loro supremo interesse come indicato nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa n.(99) 19 e nella Direttiva 2012/29 GAI EU impone un’ampia riflessione in merito alla concreta applicabilità della Riforma Cartabia in riferimento ad alcune questioni: la prima relativa alla partecipazione della vittima alle scelte dei percorsi di giustizia riparativa al fine di evitare la cosiddetta vittimizzazione secondaria ( l’ascolto della vittima dovrebbe risultare rilevante per il giudice); la seconda in ordine alla scelta dei reati da sottoporre in mediazione. Difatti, la legge n.150 del 10 ottobre 2022 all’art.44 dispone che i programmi di giustizia riparativa sono accessibili senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato e alla sua gravità. Questa norma solleva già delle perplessità e delle discussioni in ordine ai reati endofamiliari ove c’è un divieto esplicito di mediazione penale sancito dalla Convenzione di Istanbul. Invero il testo delle legge organica è disseminato di disposizioni, vaghe, poco chiare non solo rispetto alla scelta dei reati, ma anche con riguardo ai soggetti che possono partecipare ai programmi, alle interpolazioni con le norme contenute nel codice di procedura penale, nonché alla partecipazione dei difensori ai percorsi riparativi.L’articolo de qua vuole approfondire tutte queste questioni che rappresentano dei nodi ancora da sciogliere che costituiscono un banco di prova per tutta l’amministrazione della giustizia.

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