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Difficoltà di contatto nella relazione genitori-figli interventi operativi nella cornice giudiziaria

Sara Pelucchi

Miriam Parise

Marina Mombelli


I dati emergenti riportano come, anche nel nostro Paese, avvocati, giudici e periti si trovano sempre più spesso a doversi interfacciare con situazioni di coppie ormai definibili ad “alta conflittualità” (Cosmai, 2018). Con tale locuzione la letteratura intende quelle coppie che da anni si trovano nella fase di escalation del conflitto, fattore inibitore dell’utilizzo delle minime capacità decisionali condivise, necessarie per affrontare aspettiquotidiani di co-parenting (Johnston, 1994; Sullivan & Burns, 2020). L’attuazione di comportamenti alienanti del figlio rappresenta uno degli effetti di tale dinamica (Kelly e Johnston, 2001). Tali comportamenti sono da intendersi come come espressione di un disagio relazionale che coinvolge l’intero nucleo e come l’espressione di un bisogno difensivo del figlio. Essi sono caratterizzati dalla libera e persistente espressione di sentimenti e credenze negative irragionevoli verso un genitore (come la rabbia, l'odio, il rifiuto e/o la paura) e smisurati rispetto alla reale esperienza vissuta e interiorizzata di quel genitore.

La recente letteratura ha sottolineato come si fondamentale adottare un modello di analisi e di intervento multifattoriale nell’affrontare il fenomeno che coinvolga in primis il genitore favorito all’interno del lavoro di intervento.

Il presente contributo desidera porsi come stimolo per discutere e confrontarsi su strumenti di lettura e d’intervento a tutela dei figli nelle situazioni di difficoltà di contatto, descrivendo le dinamiche di  “allineamento” o di “resistenza” nelle relazioni genitori-figli, attraverso la presentazione e la condivisione di un modello d’interventoche coinvolge i diversi sottosistemi del nucleo familiare e la cornice giudiziaria del conflitto (Sullivan, 2020).

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